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19.01.21

Cracovia – Torino, gennaio 2012 "..anche ad Auschwitz c’era il tramonto" di Noemi Vola, classe quinta A

Cracovia – Torino, gennaio 2012

..anche ad Auschwitz c’era il tramonto

di Noemi Vola*, classe VA

Anche ad Auschwitz il sole tramontava tutte le sere, il cielo si colorava di rosso, di arancio e di rosa, le nuvole prendevano forme strane, come le nuvole che diventano qualsiasi cosa ci vedano i bambini con la loro fantasia. Ma non importava più. Il cielo fu l’unica cosa che non fu tolta ai prigionieri, perché per fortuna la crudeltà dell’uomo non può arrivare al cielo. Due erano le cose che erano rimaste, il diritto di guardare in alto e quello di morire.

Auschwitz II era sommerso nel silenzio, i pensieri si erano inizialmente congelati con il freddo e per alcune ore presero con un gran peso posto nello stomaco , senza trasformarsi in parole. Furono le lacrime la sola cosa a scaldarci. Fu il cielo a parlare, il boschetto di alberi , l’immensità di terra coperta dalla neve bianchissima, i laghetti ghiacciati che brillavano alla debole luce di un sole freddo. Avevo letto un giorno che gli alberi , pure avendo profonde radici sprofondate saldamente nel terreno, hanno rami possenti che tendono al cielo, come volessero raggiungerlo. Oggi mi hanno dato l’idea di provare un forte desiderio di volare via, di sognare la leggerezza dei palloncini leggeri che si lasciano cullare dal vento, di sganciare le radici ancorate a terra e di andare lontano, per dimenticare ciò che le loro cortecce hanno visto e sentito. Eppure neanche distanti migliaia di chilometri da lì riuscirebbero a dimenticare. Anche gli alberi ad Auschwitz hanno chiuso gli occhi.

La natura intorno è bellissima, ma l’aria ferita dal pungente filo spinato sanguina ancora adesso. Il cielo e la terra parlano contemporaneamente due lingue diverse e opposte, in alto la natura sfoggia la sua bellezza e in basso gli uomini piangono,muoiono,pregano un Dio che non c’è più, si spogliano piano delle loro speranze. Gridano, in silenzio o ad alta voce perché non fa differenza. Non hanno più niente e non sono più nessuno.

Ad Auschwitz II mi ha parlato ogni filo d’erba schiacciato dalla neve.

Ad Auschwitz II oggi gli uomini se ne sono andati ed è rimasto un silenzio da perdersi dentro. Un silenzio che però non vuole perdere la voce, Auschwitz deve ancora gridare, e deve farlo attraverso le nostre parole. Quello che la crudeltà dell’uomo ha distrutto deve essere ricostruito con le nostre mani, quello che ha gelato deve essere scaldato con i nostri cuori, quello che ha scelto deve essere da noi rifiutato ogni giorno.

Non possiamo cambiare le cose che sono successe, possiamo però, studiandole, far sì che non si ripetano. Non possiamo andare indietro nel tempo,non siamo più in tempo a salvare nessuno. Ma scegliere ci tocca ancora, e ogni giorno. E allora, quando dobbiamo scegliere, scegliamo pensando a chi non poteva farlo, scegliamo di usare il nostro tempo come la cosa più preziosa che abbiamo, cerchiamo di farne qualcosa di meraviglioso per tutti quelli che avrebbero voluto farlo e non l’hanno potuto fare, scegliamo non in base alla pigrizia, ma all’importanza di lottare per costruire qualcosa di migliore, scegliamo di usare le nostre capacità, le nostre mani, le nostre idee in nome di tutti quelli che avevano capacità, mani e idee di gran lunga migliori delle nostre , ma che, a differenza delle nostre, sono state spente con un colpo di fucile. Scegliamo di gridare per chi non ha potuto farlo, scegliamo di volere bene, di aiutare chiunque, di sorridere, di non avere paura, di non lamentarci, scegliamolo perché adesso possiamo scegliere di farlo. Scegliamo ogni mattina di non sprecare neanche un secondo di un’intera giornata, scegliamolo perché se vogliamo che il mondo sia diverso, dobbiamo iniziare a cambiarlo noi.

Anche noi, come durante la guerra, come in ogni momento della storia, siamo chiamati a scegliere da che parte stare. Siamo piccoli e impotenti solo se rimaniamo soli. La nostra scelta quotidiana è che cosa fare del nostro tempo, come usarlo. Sta a noi decidere di metter da parte la pigrizia, la paura e ogni altra scusa, sta a noi scegliere di non sprecare neanche un secondo, abbiamo da riparare un olocausto intero. Il rispetto più grande che possiamo dimostrare, la scelta più difficile a cui possiamo dire di sì è quella di impegnarci a usare il nostro tempo per trasformarlo in qualcosa di meraviglioso, e allora non esito neanche un attimo a parlare di cose che prima stupidamente mi facevano ridere, come il nostro cuore, le favole e la bellezza per salvare un mondo che troppe volte ancora adesso inciampa nella bruttezza e nell’incapacità di scegliere l’amore come ingrediente principale da mettere in ogni cosa. Quando si parla di amore non si parla di astratto, se fosse la base di tutte le cose concrete, se ci ricordassimo davvero di mettere il nostro cuore prima di tutto, sicuramente e non forse, qualche cosa potrebbe cambiare.

*la studentessa ha partecipato con i suoi compagni delle classi quinte al viaggio del “Treno della memoria”, dal 18 al 24 gennaio 2012.